Storia, paesaggio, spiritualità, dell’eremo di Montegiove…

Quinto appuntamento dell’edizione 2016 de “I segreti del Suffragio” dal titolo: “Storia, paesaggio, spiritualità, dell’eremo di Montegiove, nei ricordi giovanili di Maria Rita Foghetti.”

Il realtore di questa sera Marco Belogi, di professione medico internista, da anni e’ cultore di studi storici dell’arte, dell’architettura e di personaggi del nostro territorio.
Numerose le sue pubblicazioni tra le quali “Monte Giove un eremo camaldolese”, “Nostra Signora del Ponte Metauro”, “L’Eredita’ di Guido Nolfi”, “Santa Croce, un ospedale nella storia della città “, “Chiese della Diocesi Fanese”, “Il Tempietto di via dell’Abbazia a Fano”, Lavinia della Rovere”.
Dal mese di Agosto e’ presidente de Le Cento Città , prestigiosa associazione culturale marchigiana.

Dalle parole di Marco Belogi: “Il breve capitolo, scritto da Rita Foghetti nel 1996 , che conclude la ricerca storica da me scritta sull’eremo di Monte Giove,corre sul filo della memoria a ricordo del primo impatto che la scrittrice ha avuto con quell’inconfondibile monumento religioso che domina dall’alto della collina la città di Fano. Erano gli anni sessanta, anni in cui, trai bianchi figli di San Romualdo, vigeva la rigida regola della clausura scandita dal salterio e dal lavoro. Alle donne era permessa soltanto la chiesa. Null’altro. Melodie di canti gregoriani, profumi d’incenso, nenie di preghiere ritornano alla mente di Rita, con le figure inconfondibili di fra Mariano e Don Raffaele, in contrasto con il rumore dei mezzi meccanici di oggi, compresa la brutta antenna piantata nel cuore della selva cuore, che aveva profanato quell’area inviolata da secoli. Ora è tutto cambiato, l’eremita è nel cuore della città, con i suoi rumori ed affanni. E proprio qui sta il signum contraditionis che ha caratterizzato tutta la vita di Rita, e solo chi le e’ stato accanto ha potuto cogliere, data la sua imperturbabile riservatezza: moderna per certi versi,ma ferrea sui valori non negoziabili; aperta e colta insegnante, intransigente nella disciplina, nel rispetto delle regole e delle diversità.
Questo era Rita, legata più che mai a quelle tradizioni che non tramontano mai e che lasciano segni indelebili in spiriti liberi e sensibili come lei. Prima di andarsene ha voluto sapere se nel suo giardino erano fiorite le primule che aveva piantato lei stessa, le stesse che spontaneamente si aprivano ogni primavera nei prati di Monte Giove, luogo a lei molto caro che le ricordava la sua prima giovinezza.”

Letture di Laura Serra.

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